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Continua il braccio di ferro tra Airbnb e lo Stato: il colosso dell'homesharing, così bravo quando si tratta di riscuotere gli affitti in ogni parte del mondo, ha detto che non è in grado di pagare la cedolare secca al 21% in vigore dal 1 giugno il cui versamento era dovuto entro il 17 luglio. “Adeguarsi è impossibile”, si giustifica Airbnb in un comunicato congiunto con Homeaway e con l'associazione degli agenti immobiliari Fiaip. Per Airbnb gli operatori continuano a trovarsi “nell’impossibilità tecnica di adeguarci a quanto previsto dalla manovrina perché l’Agenzia, come prevedibile, non ha potuto che ribadire quanto già detto dalla legge senza aggiungere indicazioni pratiche sostanziali”. In realtà le piattaforme coinvolte si rifiutano di assumere il ruolo di sostituti d'imposta che di fatto viene loro attribuito dalla legge. Il settore è completamente fuori controllo: chi lo stima in 600 milioni, chi in 3 miliardi Nel testo approvato dal parlamento è scritto che “Airbnb e le altre società che offrono il servizio di intermediazione immobiliare per le locazioni non superiori a 30 giorni devono, da questo mese, farsi carico di trasmettere al fisco i dati relativi ai contratti conclusi”. Ma Airbnb è arrivata ad appellarsi ad una violazione in termini di privacy e territorialità, pur di evitare di comunicare al fisco i contratti stipulati. Solo nel 2016 gli utenti di Airbnb hanno incassato 621 milioni di euro che con la cedolare secca avrebbero portato al Tesoro poco più di 130 milioni di euro. Alcune stime prudenziali, però, indicano che il mercato di riferimento valga almeno un miliardo, ma secondo altri non si è lontani dai 3 miliardi di euro. Tradotto: le nuove entrate potrebbero oscillare tra i 210 e i 630 milioni di euro.