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Asterisco Informazioni di Fabrizio Stelluto

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La patata blu

08/06/2007
E’ la base di intrigante piatto da grande chef, lessata, svuotata e riempita di “formai mizz” e ammorbidita con mascarpone. Ma lo è anche e soprattutto per via del colore della sua polpa. Stiamo parlando della patata blu coltivata in Trentino in piccoli appezzamenti, spesso orti familiari,in quel di Vezzano, Margone, Fravegio, Cavedine, Lasino e in altre località della Valle dei Laghi. E’ una patata a prima vista normalissima. Potrebbe essere una Majestic o una Spunta, una Bea, Lisetta o altra delle numerose varietà di patate coltivate in Trentino. Straordinario è invece il colore della sua polpa: un blu marino più o meno marcato. Qui non ne conoscono il nome, ma la chiamano appunto la “Patata Blu”. La coltiva e ne conosce bene le caratteristiche il signor Albino Bressan di Margone che pare essere stato il primo a coltivarla nel suo campo fin da primi anni ’90. Bressan dice che le prime patate gli sono state portate dalla Svizzera dalla sorella che là lavorava in una fabbrica di orologi.

E’ una varietà che ama crescere e “lavorare” nel terreno tendenzialmente umido. Va seminata precocemente, già a marzo, in quanto ha una emergenza piuttosto lenta. Ha una fioritura spettacolare resa ancora più bella dal colore dei suoi fiori, che contrariamente a quasi tutte le altre varietà di patata, sono di un rosa delicato. Dalla Valle di Cavedine la patata blu in pochi anni ha conquistato terreno espandendosi, inizialmente a titolo di curiosità, in tutta la Valle del Sarca e fuori.

L’abbiamo vista la patata blu: è di media grossezza, molto produttiva, resiste alle malattie. In cucina la qualità è buona e tiene la fetta. Per il suo colore blu inizialmente il tubero prendeva per lo più la via dell’alimentazione animale(conigli e pastoni per polli galline ovaiole). Oggi è invece stata scoperta come base per i piatti della grande ristorazione.

Ad utilizzarla per primo è stato il titolare del ristorante “Fior d roccia” di Vezzano, Walter Miori, che ha avuto modo di presentare il tubero blu di Margone perfino in alcune trasmissioni televisive a cavallo del 2000. Miori ha elaborato alcuni piatti sfiziosi.

Lessata e tagliata a fette la patata blu fa da contorno ad un piatto di baccalà cotto al vapore e condito con olio extra vergine DOP del Garda, sale, pepe e qualche oliva nera.

Decisamente curioso e intrigante il piatto di purè che ne conserva il suo colore originario. La patata blu, fatta cuocere nel forno o friggere perde il colore e diventa mattone.

Ma il piatto principe dello chef del Fior di roccia è la patata blu, lessata, parzialmente svuotata a farne una scodelletta, riempita di “formai mizz” reso più morbido da un poco di mascarpone. E’ una chicca culinaria da fine pasto.

Questa varietà di patata meriterebbe quindi di essere maggiormente diffusa, coltivata e valorizzata per andare ad arricchire ancora di più il già ampio ventaglio delle specialità gastronomiche che il Trentino offre a quanti ne frequentano il so territorio.

MICHELON GIUSPPE



IL QUADRO DELLA SITUAZIONE IN TRENTINO

GIUDICARIE E VAL DI GRESTA UBER ALLES

La patata, il prezioso tubero sotterraneo è stata chiamata anche la “carne dei poveri” nei tempi in cui essa, da sola, ha permesso di salvare da spaventose carestie intere popolazioni dell’Europa. E’ricca di carboidrati e di quantità elevate di vitamina C. E' un alimento facilmente assimilabile, non fa ingrassare ed è poco calorica (85 calorie per 100 gr.).

La sua storia si intreccia con quella delle popolazioni rurale e di montagna del trentino dove la sua coltivazione agli inizi del secolo scorso copriva ampie superfici ad arativo di tute le vallate. Allora gli annali parlano di 6 mila ettari di patate per una produzione che arrivava a 650 mila quintali. Allora la patata era il prodotto principe delle zone di montagna.

Resiste anche oggi, ma relegata a poche aree produttive elette. La superficie coltivata è stata rubata alle più nobili ( e pagate) produzioni frutticole, viticole e zootecniche ( mais da silo o da polenta), ma anche alle migliorate condizioni economico-sociali della gente a partire dai primi anni ’60, tanto che oggi la produzione provinciale si aggira intorno ai 110 mila quintali con circa 300 ettari di superficie. Negli ultimi 30 anni infatti il consumo pro-capite di patate in Italia è passato dai 95 ai 42 chilogrammi.

Se la patata figura quasi come elemento del paesaggio agricolo in quasi tutti gli orti trentini essa viene coltivata soprattutto in Alta Valsugana, Valle di Cembra, Val di non, Bleggio, Lomaso e Val di Gresta.

Sono però soprattutto queste ultime due zone, Giudicarie e Val di Gresta a guidare il treno della patata trentina. In Val di Gresta i tubero costituisce il perno della produzione orticola conferita dai soci al Consorzio orftofrutticolo di ronzo Chienis. Qui la patata viene coltivata lungo tutta la valle dai 250 metri della piana del Rio Cameras di Loppio fino alle pendici dello Stivo, alla Bordala (1.500 metri) sui terrazzamenti degradanti dove si coltivano anche i migliori ortaggi del Trentino (zucchine, sedano rapa, cavoli cappucci, cetrioli, radicchi, insalate . Qui su oltre 20 mila quintali di ortaggi conferito al consorzio ben 8.500 sono rappresentati dalle patate, in gran parte coltivate con il metodo biologico.

Le Giudicarie (Lomaso e Bleggio), dove la produzione fa capo alla locale cooperativa pataticoltori, la COPAG di Dasindo, producono oltre un terzo delle patate trentine (30-40.000 quintali l’anno). Di queste la metà sono patate da seme selezionate e commercializzate in tutto l’ Arco Alpino.



PATATE BIANCHE, GIALLE E ROSSE

La patata ha una importanza fondamentale nella alimentazione mondiale grazie alle sue molteplici possibilità di utilizzo. Infatti essa ricopre il quarto posto nei consumi dopo i riso, il mais e il frumento (grano). Soprattutto nella alimentazione della gente alpina la patata ha mantenuto una tradizionale importanza culinaria.

Ma per essere buone le patte devono aver alcuni aspetti qualitativi direttamente influenzati dalle condizioni pedo-climatiche, dalle tecniche colturali e legati in modo predominate alle caratteristiche varietali.

Un parametro universalmente usato per definire la qualità culinaria della patata è la “tessitura” che valuta il comportamento della polpa ala rottura e separazione delle cellule durante la cottura.

Ecco allora che l’elevatissimo numero di varietà coltivate nel mondo e destinate alla alimentazione umana si riducono a 3 grandi gruppi che possono avere la polpa di colore bianco, giallo o rosso.

TIPO A: patate da insalata e da minestroni. Non sfioriscono e rimangono sode dopo la cottura, hanno una grana fine e non sono farinose. Le varietà coltivate hanno la polpa gialla, tubero lungo e sono tutte precoci.

TIPO B: patate per tutti gli usi. Sono sode, consistenza media, grana fine e debolmente farinose. Si aprono poco alla cottura. Vi appartengono le varietà Majestic polpa bianca),Wilja e Nicola

(polpa gialla),Desiree(polpa rossa).Hanno ciclo vegetativo medio o tardivo.

TIPO C: patate farinose adatte per purè. Presentano pasta tenera , farinosa e asciutta con struttura grossolana; sfioriscono dopo la cottura. E’ tale la varietà Kennebec a polpa giallo chiaro e semi-precoce.

Un quarto tipo di patate (TIPO D) raggruppa tutte le patate per destinate all’alimentazione animale. Sono a pasta ruvida e asciutta; sono farinose e sfioriscono totalmente.

MICHELON GIUSEPPE

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