Le Universita’ alla ricerca di risorse economiche
Partendo da un dato di fatto: anche se dal 1989 esiste una normativa che consente agli atenei di essere economicamente autonomi, le risorse pubbliche continuano a sostenere i bilanci per oltre l’80%.
E chi si stupisce di fronte a ciò, pensando che le tasse pagate dagli studenti, esose come sono, dovrebbero essere più che sufficienti per risolvere il problema, si sbagliano di grosso: la legge infatti ha imposto un tetto del 20% al gettito delle citate tasse.
Ma la colpa di tutta questa situazione non è da attribuire solamente all’esterno: gli atenei medesimi devono guardare al loro interno ed operare una vera e propria rivoluzione culturale.
”L’università deve abbandonare l’idea del valore intrinseco, cioè quello che ha da sé, al proprio interno. Sì, ce l’ha questo valore, ma deve produrre un valore riconoscibile anche all’esterno, in particolare dalle imprese, dagli enti pubblici, ma anche dagli enti no-profit e dalle cooperative sociali”. E’ il parere di Elio Borgonovi, docente all’Università Bocconi di Milano. Ed il primo passo, ha aggiunto, lo devono compiere gli insegnanti. “Ci vogliono docenti veramente motivati nel trasmettere le loro teorie”ha affermato Borgonovi.
“Molti docenti universitari sono ottimi imprenditori di se stessi, ma pochi sono anche bravi imprenditori della propria università” gli ha fatto eco Umberto Margiotta, docente all’Università Cà Foscari. Il quale è partito da un concetto: quello di forma-zione, che deve essere inteso come forma che diventa azione. “Per farlo bisogna adottare un’ottica differente, anche rischiosa” ha detto, precisando: “Il Paese sta invecchiando e, con esso, anche le sue leggi. Ma il problema” ha aggiunto “non è solamente fisiologico. Si deve decidere di voltare pagina, proponendo valori sui quali poter creare delle partnership”. A riguardo, c’è un’altra parola di uso comune sul cui significato è necessario riflettere, secondo Margiotta: “Competizione vuol dire com-petizione,cioè camminare con, quindi non dilaniarsi a vicenda.”
Ma ci sono le basi? “Il livello dei laureati italiani davvero bravi è di grande spessore” ha detto Sergio Primus, Amministratore Delegato Eni Corporate University.
Purché venga rivalutata la persona in sé. “Siamo di fronte ad una grave decadenza umana” ha affermato Dino De Poli, Presidente della Fondazione Cassamarca. “Se decade il capitale umano” ha aggiunto “decade la società. Sono favorevole al fatto di guardare alle università come valore del territorio, ma bisogna investire anche nell’internazionalizzazione del territorio medesimo”.
“Consentitemi di dire che,in Italia, c’è molto di peggio delle università pubbliche”, ha aggiunto Pier Francesco Ghetti, Rettore dell’Università Cà Foscari, il quale ha però precisato:”La ricerca e la didattica non sono scindibili:devono formare un tutt’uno”.
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