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La vita semplice al sud del sud

03/09/2017
La vita semplice al sud del sudDopo ‘In Grazia di Dio ‘ che è stato il primo film italiano presente al Sundance Film Fest, ‘La Vita in Comune’, di Edoardo Winspeare, in concorso alla sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia, è un film poetico che di poesia parla. Descrive un’Italia microscopica, quella del paese di Disperata (allusione a Depressa, frazione di Tricase dove il regista è cresciuto), con un ritmo di vita dolce e magico insieme seppure il racconto segua un registro totalmente realistico, ed a tratti politicamente e religiosamente dissacrante. Questa realtà della periferia sembra un’emanazione delle grandi metropoli, fatta di scarto e di residuo seppure con qualche ipotesi di riscatto. A Disperata nulla funziona, gli operai vengono licenziati ed il turismo ne sta alla larga. Il sindaco, alter ego di Winspeare stesso, colto, timido e riservato, per superare la depressione fa volontariato nel carcere di Lecce introducendone gli ospiti alla poesia di Alda Merini e del salentino Vittorio Bodini, che canta la voglia di affidarsi alle cose, alla loro saggezza e alla loro storia, di trovarvi un appiglio per ricavare energia e darsi un senso. Ed è questo che il sindaco nel profondo tende ad ottenere: usare la poesia come uno straordinario collante, fonte di sinergie. Come dice il regista, il Salento ha un’identità di paese senza essere provinciale. Vi si incontrano stati sociali molto diversi, persone di cultura raffinata ed analfabeti, onesti e delinquenti, la ricerca della verità e la rabbia per una condizione irrefutabile.
Il sindaco riuscirà convertire alla poesia due ex ladri di polli, uno dei quali sogna di diventare boss del Capo di Leuca, trovando egli stesso il coraggio di affrontare scelte folli ma determinanti che cambieranno la sorte della sua cittadina. La vita in ‘comune’ è dunque sì quella del municipio, ma pure la sinergia fiabesca che riunisce i quattro protagonisti spostandoli progressivamente dal quotidiano verso una dimensione visionaria e tuttavia credibile, attraverso la quale realizzare piccoli sogni ed ambizioni. Il bandito Patì, che rinnega la propria indole a delinquere dopo aver ucciso un cane durante un tentativo di rapina, scriverà poesie surreali sul cane ‘con le ali’, in una sorta di rivisitazione della sua esistenza. Pur essendo un devoto della mafia, ha il mito della religione e di Papa Francesco, conciliando i propri trascorsi nella certezza di venire assolto dalla misericordia divina. Tutto il film è pervaso dal fascino del Salento, del suo paesaggio, del dialetto e delle tradizioni. Diversissimo dalla provincia di Bari, rende credibile la vicenda paradossale che si dipana nel film. È sud ma è vicino all’Oriente. Come sottolinea il regista: ‘È una nave che solca il Mediterraneo con la prua rivolta ad Oriente, italiana ma al tempo stesso una terra di confine con profonde sinergie di paesi e culture orientali’.
Lo spessore del film si avvantaggia infatti di una musica diegetica che viene dalla Grecia e dall’Albania, e la fotografia sfrutta la luce struggente, diversa, caratteristica di una terra singolarmente circondata da due mari, fatta di sfumature assolutamente discordanti tra loro. Ne è direttore Giorgio Giannoccaro che vanta un curriculum interessante tra cui il documentario del 2011 ‘La Voce del Corpo – Potenza e Magia della Gestualità Siciliana’.
Il film gode del contributo della Apulia Film Commission i cui responsabili ancora una volta operano con determinazione per dimostrare quanto la Puglia possieda una forte autonomia nella realizzazione di opere audiovisive. Infatti il film si avvale di professionalità tecniche ed artistiche locali. Lo produce in parte la Saietta Film (Per i non pugliesi va sottolineato che ‘saietta’ è un’esclamazione salentina di stizza ma pure di ammirazione), fondata nel 1999 dallo stesso Winspeare e Gustavo Caputo, che appare dedicata a raccontare la contemporaneità da un punto di vista privilegiato. Winspeare ha vissuto i rigurgiti, tra gli anni 60 e 70, di un mondo contadino che si stava disgregando con i suoi personaggi, i riti, le ingiustizie e le contraddizioni. La sua filmografia tratta dell’industrializzazione di Taranto, degli eventi sciagurati legati alla Sacra Corona Unita. Memoria e presente, fiction e documento. Oggi il Salento, dopo la voglia di emancipazione e la spinta di molti a cercare fortuna altrove, rischia di essere aggredito dall’incuria e dalle speculazioni. Forse c’è ancora il tempo con l’impegno di ogni salentino, per fermare tutto questo e far sì che questa terra sia ancora un luogo dell’anima con un irrinunciabile senso della comunità.
Mariateresa Crisigiovanni

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