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“Venezia 76”: Martin Scorsese abita ancora qui

02/09/2019
“Venezia 76”: Martin Scorsese abita ancora quiEra la Mostra del Cinema del 1979 e Scorsese presentava due mediometraggi: “Italian American” e “An american Boy”. Il primo, un film sui suoi genitori e sull’immigrazione girato in sei ore; il secondo, girato in una notte, a Los Angeles, è un’intervista a Steven Prince. Questi film, diceva Scorsese, erano una sorta di reazione a come si trovava a lavorare negli USA, facendo film sempre più impegnativi, complicati e costosi. “New York, New York” del 1977 era atteso dai critici come un film nostalgico mentre per il regista rappresentava un tentativo di nuove forme di racconto narrate attraverso i vecchi mezzi tradizionali.
Scorsese non lo considera un musical bensì un film drammatico con molta musica. Ci racconta che mentre lo girava, sia sua moglie sia la moglie di De Niro erano incinte, esattamente come Francine, la protagonista del film. Di conseguenza i loro rapporti, la vita coniugale, la difficoltà a comunicare, tutto ciò che succedeva loro durante le riprese è finito nel film. È diventata la storia di due esseri brillanti e talentuosi che affrontano la fatica e l’impossibilità di vivere insieme. Ciò che li aveva uniti viene distrutto dal loro individualismo ambizioso. Scorsese gira il film a 34 anni, ormai maturo anche cinematograficamente e condensa, intorno alla struttura della biografia di un musicita, uno spaccato di storia musicale dell’America che coinvolge Hollywood, parlando di cinema, di jazz, e della morte dell’amore.
Scorsese intesse nel film le sue passioni cinefile usando citazioni da “Femmina folle” di Mitchell Leisen, “L’uomo che amo” di Raul Walsh e da molti film di Vincente Minelli. Da loro trae ispirazione per il trucco, i costumi e la recitazione dei suoi attori. Complessivamente Scorsese costruisce un simpatetico percorso attraverso vent’anni di modi e mode del cinema americano. Diversamente da molti suoi colleghi, Scorsese studia ed ama il cinema e la sua storia. Sappiamo tutti che da molti anni s’impegna affinché le pellicole non vengano distrutte dal passare del tempo. Nel 1990 crea la World Cinema Foundation che dal 2007, collaborando più recentemente con la Cineteca di Bologna, si occuperà poi del restauro di capolavori da tutto il mondo tra cui “Casablanca”, “Il terzo uomo”, “Rocco e i suoi fratelli”.
Racconta Scorsese che la sua consapevolezza di quanto siano fragili i film su pellicola, sia nata durante una proiezione di “Quando la moglie è in vacanza”: la pellicola risultava così sbiadita e danneggiata che la maggior parte del pubblico abbandonava la sala. Niente di più meritato quindi della presentazione a Venezia della copia restaurata di “New York, New York” in 35mm realizzata dalla MGM, in occasione dei cento anni della United Artists. Ed al termine della proiezione seguirà un’imperdibile master class di Irvin Winkler, produttore di “Toro scatenato”, “Quei bravi ragazzi” ed ovviamente “New York”.
Scorsese girò il film interamente nel teatro di posa. Volutamente, nelle 22 settimane di lavorazione, escluse qualsiasi location realistica sovvertendo la sua abituale predilezione per le scenografie reali. Qui Scorsese, rappresentando vite drammaticamente esemplari ed insieme staccate dalle norme della convenzione, tramuta la convenzione in forma, grazie al rifiuto della verosimiglianza. Legando la vita di Jimmy e Francine alla loro storia d’amore, giustifica la scelta di non presentare mai i due protagonisti come creativi bensì come semplici continuatori di stili e tradizioni preesistenti. La presentazione dei due personaggi avviene in un quadro che identifica con grande precisione il mondo dello swing. Sappiamo che le sale da ballo e la radio sono state i veicoli sociali con cui questo genere si è diffuso, nei confronti del quale l’ascoltatore partecipa all’atmosfera che il colore orchestrale ed il ritmo erano in grado di creare. Su queste scene Scorsese traccia i segni caratteristici dei due personaggi. Jimmy capisce il senso della musica ma fa il buffone mentre Jimmy Dorsey suona. Di lei, Francine, non si intuisce la professione fino a quando non si mette a cantare durante il provino che segue il loro incontro, indicando così il diverso livello in cui ognuno vive la propria professionalità. Francine è l’immagine del musical. Il suo rapporto con la vita è semplice e diretto. Jimmy è ombroso e dominatore, la carriera innanzi ogni cosa. Teme ogni scelta che possa rivelarsi definitiva.
Anche qui come in “Mean street”, come in “Taxi driver”, Scorsese descrive personaggi che, vivendo solo del proprio egotismo, non riescono ad emergere ad una vita civile se non nella prospettiva della finzione. Così, come i protagonisti degli altri film di Scorsese reagivano all’incombente violenza della società organizzata con altrettanta violenza, questi due artisti rispondono al resto del mondo isolandosi nel loro lavoro, spasmodicamente cercando solo soddisfazioni individuali. La loro infelicità ha la musica come alibi. ‘Perché esisto?’ è la domanda che si pongono quasi tutti i personaggi di Scorsese, ciascuno tende a fornire una propria pubblico-privata risposta, ciascuno configurandosi come un eroe esistenziale.

Mariateresa Crisigiovanni

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