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Asterisco Informazioni di Fabrizio Stelluto

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La cooperazione: da riscatto sociale a modello del futuro

22/05/2006
In un mondo dove la competizione è sempre più spietata, dove sembra sempre più affermarsi la legge del più forte ed il profitto è l'obiettivo più importante, può ancora trovare spazio la cooperazione, che non punta al vantaggio a scapito degli altri, ma vuole che tutti coesistano e possano evolvere? La risposta è si, anzi, è il modello economico vincente del futuro, secondo molti esperti. E' quanto è emerso dal convegno "Riflessioni sulla cooperazione: contributi all'elaborazione di nuove prospettive", che si è svolto a Venezia, in collaborazione con l'Università di Cà Foscari, Legacoop Veneto e Cives - Rivista del No Profit. Docenti universitari ed imprenditori a confronto, uno stimolo a far entrare in contatto il mondo delle cooperative e quello dell'università e della ricerca, per migliorare la conoscenza ed accrescere l'utilità sociale della cooperazione.

Il tutto parte da un presupposto: che la cooperazione sia una parte importante dell'economia italiana, non è un'opinione ma un dato di fatto. I numeri parlano chiaro: la cooperazione costituisce il 7% del PIL, conta 7,5 milioni di soci e da lavoro ad un milione di persone. In più di 150 anni, inoltre, ha consentito a milioni di persone di sperimentare forme alternative di produzione e di consumo.

E pensare che la cooperazione è una risorsa creata da una situazione di svantaggio. " E' nata tra persone ai margini della società, come occasione di riscatto" ha detto Primo Mario Salani, della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università "La Sapienza" di Roma.

Tuttavia, ha continuato Salani, essendo passati 150 dalla nascita, forse vale la pena di vedere se questo strumento, che è sicuramente di successo, sia ancora quello giusto per questa società. "Secondo me è lo strumento più adeguato per una società che valorizza gli individui, le loro relazioni, il loro capitale umano. La cooperazione, finché riuscirà a combinare i fattori produttivi senza alterare la sua etica di soggettività e di partecipazione, può sopravvivere ed anzi essere uno strumento utile anche per il capitalismo". Può sembrare strano, visto che il capitalismo e la cooperazione sono sempre stati due modelli in antitesi l'uno con l'altro..."Invece la cooperazione può essere uno strumento di confronto e di stimolo per il capitalismo" ha affermato Salani.

Gli ha fatto eco Giuseppe Marcon, della Facoltà di Economia dell'Università di Cà Foscari. "La cooperazione, il no profit, non è un sostituto di qualcosa che può funzionare altrettanto bene. Semplicemente, offre i beni relazionali, beni che il mercato capitalista, da solo, non può dare. Anche perché" ha aggiunto Marcon "la gestione democratica (una testa, un voto) non si riscontra nell'impresa capitalistica, se non in forma limitata".

Alla base della cooperazione, non c'è solo un'idea precisa di fare economia, ma una vera e propria concezione filosofica. "Vi è una valorizzazione dell'uomo che lavora. Viene fuori l'idea che l'uomo possa superare l'egoismo" ha affermato Giuseppe Goisis, della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Cà Foscari, il quale ha aggiunto:"nella cooperazione, la parola empatia non significa solamente sentire l'altro, ma rappresenta anche il gusto di lavorare con l'altro. Il cooperare, quindi, è un aspetto della necessaria civiltà del convivere".

Certo, i problemi non mancano. Salani ha citato un episodio avvenuto nel periodo in cui era Presidente di Legacoop. Una cooperativa, che aveva raggiunto quota 1.500 soci e 10.000 dipendenti, non riusciva più, con la sua struttura, a reggere e voleva, pertanto, modificare la sua natura. Ne seguì un aspro dibattito, riunioni protratte fino a notte fonda per capire se fosse stato giusto o sbagliato modificarne la natura. "Ma giusto o sbagliato rispetto a che cosa? Non si può dirlo, finché manca un modello di cooperazione condiviso, un punto di riferimento" ha affermato Salani.

Oltre a questo, che è un problema di fondo, la cooperazione presenta alcuni importanti limiti: "E' difficile sia il controllo interno, perché il management è separato dalla proprietà, che costituisce la base sociale, sia il controllo esterno, che non è paragonabile a quello delle società quotate in borsa" ha affermato Marcon.

Inoltre, la situazione varia da Regione a Regione. Se Emilia Romagna e Toscana fanno la parte del leone per numero e dimensione delle cooperative, non si può dire altrettanto del Veneto. "La nostra Regione è all'8° posto per numero di cooperative. Ed ha un posto ancor più basso nelle classifiche del fatturato e del numero degli addetti. Ancor meno sono le cooperative femminili, costituite cioè da almeno il 60% di donne" ha detto Fiorenzo Davanzo, Direttore di Legacoop Veneto. Tuttavia non mancano segnali di ottimismo. Innanzitutto, perché il sistema delle cooperative in Veneto sta crescendo, come è emerso dal Rapporto 2005, presentato di recente, poi perché alcune iniziative sono molto radicate. "Il credito cooperativo, ad esempio, con 522 sportelli aperti, rappresenta sicuramente un grande successo. Noi quindi vogliamo indirizzare il sistema economico regionale verso una maggior attenzione all'ambiente, ai costi sociali" ha affermato Davanzo.

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