Una nuova tecnica per lo svezzamento del “Caparozzolo”
La nuova tecnica infatti, sperimentata da alcune cooperative del Consorzio O.P.M. di Chioggia, a sua volta aderente a Federcoopesca Veneto, si basa sull’utilizzo di particolari recipienti, fatti di plastica e di rete a maglie strette, chiamati lanterne, che, una volta immersi in laguna, permettono ai semi dei “caparozzoli” di nutrirsi e di svilupparsi nel giro di un paio di mesi, salvaguardandoli dall’incursione di eventuali predatori.
“In questo modo si riesce a gestire la fase più delicata del processo di allevamento del mollusco, quella denominata di pre-ingrasso – ha spiegato Maurizio Varagnolo, biologo e consulente di numerose cooperative di pesca nel veneziano – i semi vengono depositati nelle lanterne, fino ad un massimo di cinque chili per recipiente, quando misurano soltanto 3-4 millimetri, troppo piccoli ancora per essere seminati nel terreno, e vi rimangono fino a raggiungere una taglia di 12 millimetri, cioè la dimensione ideale per l’attività di allevamento vera propria, che dura almeno diciotto mesi”.
I vantaggi di questa procedura? “Sono numerosi - ha sottolineato Enzo Fornaro, presidente di Federcoopesca Veneto – innanzitutto è una tecnica che può essere utilizzata sia per la semina naturale, proveniente cioè dai fiumi o dalla laguna stessa, sia per quella prodotta in laboratorio; fa crescere il seme molto di più perché lo protegge, ed è una tecnica a basso impatto ambientale che può essere attuata in gran parte della Laguna, recuperando i vecchi impianti, un tempo utilizzati per le cozze”.
Permettendo insomma, il ciclo completo dell’allevamento del caparozzolo, è per Federcoopesca la giusta risposta al fabbisogno di seme di vongola verace da destinare agli allevamenti della Laguna di Venezia.
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